Giulio Picolli ha portato negli Stati Uniti la forza e la determinazione di chi è partito dall’Italia con poco più di cento dollari in tasca e ha saputo realizzare il proprio sogno americano. Intervenuto ai microfoni de ilNewyorkese nel podcast “Ritratti” di Claudio Brachino, Picolli, oggi presidente dell’Associazione Cavalieri della Repubblica Italiana del New Jersey e fondatore dell’Associazione Italiana Ieri, oggi e domani, ha condiviso la sua intensa esperienza personale e collettiva legata alla tragedia dell’11 settembre.
«Quel giorno rimane indelebile nella mia memoria», ha ricordato Picolli. La mattina dell’attentato, una telefonata dalla sorella in Italia lo avvisò del disastro che stava accadendo: « Accendendo la TV vidi un grattacielo in fiamme, ma inizialmente non capii cosa stesse succedendo. Soltanto verso le 10.30 realizzammo che si trattava di un attacco terroristico». L’angoscia personale si intrecciò subito con la tragedia collettiva: «Pensai subito a Luigi Calvi, il mio figlioccio, assunto tre mesi prima alla Fitzgerald Cantor, al 104° piano delle Torri. Chiamai subito suo padre, che piangeva disperato. Cercai di raggiungere Manhattan con mio figlio, ma la polizia aveva bloccato l’accesso. Solo la sera tardi riuscimmo ad arrivare vicino al luogo, ma il caos era totale, le strade piene di persone disperate». Come per altre migliaia di persone l’epilogo fu dolorosamente tragico: «Gigi è morto quel giorno, ma il corpo è stato ritrovato solo a novembre. Un dolore enorme».
Dalla rabbia per la scarsa attenzione mediatica rivolta alle vittime italiane è nata la sua missione. Picolli ha denunciato con forza come, inizialmente, si fosse erroneamente comunicato che non c’erano italiani tra le vittime: «Ho impiegato cinque anni a raccogliere i nomi degli italo-americani morti quel giorno, sono oltre 600, non 39 come spesso viene riportato». Da questa ricerca è nato il libro “Noi non dimentichiamo, noi non dimenticheremo mai”, un’opera che raccoglie fotografie, storie e testimonianze di chi non è sopravvissuto a quel drammatico giorno.
Una storia che Picolli ritiene emblematica è quella di Angelo Sereno, un giovane elettricista italiano che, vedendo i pompieri correre verso il World Trade Center, non esitò ad aiutarli. «Entrò volontariamente nelle Torri e non ne uscì più. È simbolo dell’eroismo degli italiani e degli italo-americani che quel giorno hanno dato tutto», ha raccontato con commozione.
Ancora oggi, a distanza di tanti anni, Picolli testimonia quanto sia difficile per le famiglie delle vittime trovare pace: «Ogni anno, in occasione della commemorazione al consolato italiano, vedo negli occhi delle famiglie che il dolore non è passato. Chi ha perso un figlio, chi ha perso un papà, rivede ogni anno quella tragedia. Ogni anno le immagini televisive rinnovano il trauma». Il suo prossimo obiettivo è raccogliere ulteriori storie, immagini e cronache della tragedia in un nuovo libro, per lasciare una testimonianza completa alle future generazioni: «Ho 84 anni e chiedo al Signore di darmi la forza di portare a termine quest’altro libro con le fotografie, le storie e le immagini cronologiche, non soltanto delle vittime italo-americane, ma di tutta la tragedia», ha concluso Picolli, orgoglioso della sua identità italiana, portata con fierezza in America.
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